Il caso – S.p.A. in crisi finanziaria e con rischio di interruzione dell’attività
Una Società per azioni, con oltre 230 dipendenti, depositava domanda di accesso alla composizione negoziata della crisi di impresa e -al fine di tutelare i livelli occupazionali, garantire la continuità d’impresa e realizzare il piano di risanamento- chiedeva l’applicazione delle misure protettive del patrimonio, nonché di diverse misure cautelari ad hoc.
Nello specifico, in un primo momento chiedeva, in via protettiva, (a) il divieto per i creditori di acquisire diritti di prelazione non concordati con l’imprenditore e di iniziare o proseguire azioni esecutive o cautelari, nonché, in via cautelare, nei confronti degli Istituti di credito, (b) l’autorizzazione a sospendere il pagamento delle rate dei finanziamenti, (c) l’inibitoria alla segnalazione in Centrale Rischi, (d) l’inibitoria alla sospensione degli affidamenti ed alla risoluzione dei contratti pendenti, (e) l’estensione a MCC delle misure protettive e cautelari; (f) nei confronti dei fornitori strategici, l’inibitoria alla risoluzione dei contratti pendenti.
In un momento successivo, chiedeva poi –sempre in via cautelare– (g) nei confronti di una società di factoring, l’inibitoria alla chiusura delle linee di credito autoliquidanti, nonché alla sospensione e/o risoluzione dei contratti pendenti e, in ultima istanza, (h) il rilascio del DURC da parte dell’INPS o (in via subordinata) di ordinare alle stazioni appaltanti di consentire la partecipazione dell’impresa alle gare anche in assenza del DURC medesimo.
Le richieste perseguivano il duplice obiettivo di (I) stabilizzare la liquidità necessaria al pagamento dei lavoratori ed alla prosecuzione dell’attività, (II) garantire la possibilità di concorrere a nuove commesse, aspetto fondamentale per la sopravvivenza dell’impresa.
La decisione del Tribunale di Roma - Ordinanza del 1.04.2025
Il Tribunale -basandosi sul parere dell’esperto che ha confermato la funzionalità delle misure richieste e del piano di risanamento proposto ad assicurare il buon esito delle trattative- ha confermato l’applicazione delle misure protettive nei confronti di tutti i creditori, con conseguente divieto per gli stessi di acquisire diritti di prelazione non concordati con l’imprenditore e di iniziare o proseguire azioni esecutive o cautelari.
A sostegno della propria decisione il Giudice ha argomentato che “[…] la compressione dei diritti dei creditori, per un tempo strettamente limitato e dunque non eccessivamente dilatato, può trovare coerente giustificazione attesa l’aspettativa di poter giungere ad una auspicabile soluzione negoziata della crisi, ovvero alla rapida introduzione di una procedura concorsuale. Considerato in ogni caso che allo stato le misure non appaiono sproporzionate rispetto al pregiudizio arrecato ai creditori”.
In ordine alle misure cautelari, il Tribunale ha: (i) autorizzato la sospensione delle rate di rimborso dei finanziamenti; (ii) ha inibito agli Istituti di credito ed alla società di factoring di effettuare segnalazioni alla Centrale rischi, ordinando, ove già effettuate, di disporne la cancellazione; (iii) nonché ha inibito ai medesimi soggetti di sospendere gli affidamenti concessi e/o di risolvere i contratti di finanziamento e/o fiduciari pendenti.
La società di factoring si era opposta alla concessione della misura volte ad inibire la sospensione delle linee di credito autoliquidanti invocando, a sostegno della propria richiesta, l’art.16, comma 5, CCII.
Il Giudice ha ritenuto il richiamo non fondato, rilavando – al contrario – che “[…] gli istituti di vigilanza prudenziale [sono] posti, piuttosto ed a ben vedere, a protezione sia pure ‘temperata’ degli interessi degli stessi creditori”, non certo degli istituti bancari e finanziari.
Il Tribunale ha poi esteso le misure protettive e cautelari anche a Mediocredito Centrale – Banca del Mezzogiorno S.p.A. ritendo che “L’istante potrebbe […] subire l’aggressione di MCC, chiamato a rispondere, quale coobbligato, proprio dall’istituto bancario che, nelle more, dovesse escutere la garanzia a fronte dell’inadempimento all’obbligo di restituzione del finanziamento” e, richiamando - ad adiuvadum - un precedente della medesima sezione (decreto del 16/12/2022 Dott.ssa Bifano) secondo cui “[…] possono ascriversi alla categoria delle ‘misure cautelari’ rilevanti nell’ambito della composizione negoziata della crisi d’impresa, quegli interventi giurisdizionali che esulino e superino l’alveo della protezione ex lege di cui all’art 18 co 1, 4 e 5 CCII e tuttavia siano strumentali alla funzione di quest’ultima di salvaguardare il buon esito di quelle trattative con i creditori preordinate al superamento della crisi risanabile d’impresa […]” Pertanto, è qualificabile come misura cautelare “[…] l’estensione dell’opponibilità delle misure protettive richieste anche a Medio credito centrale, con conseguente esclusione della qualificabilità come ‘inadempimento’ della dilazione delle scadenze dell’obbligazione di restituzione del finanziamento da esso garantita e, per l’effetto, della realizzabilità del presupposto della sua inefficacia ex artt. 2 co 7 e 3 co 8 del DM 248/99”.
Inaudita altera parte, il Giudice romano ha inoltre inibito ad un primario player energetico nazionale, fornitore strategico, di sospendere e/o di risolvere il contratto in essere con la Società in crisi ed ordinato al medesimo di consentire all’impresa la partecipazione alle gare di appalto anche in assenza del DURC.
In merito, infine, alla richiesta di rilascio del DURC da parte dell’INPS, il Tribunale ritenendo di non avere elementi sufficienti per decidere inaudita altera parte, ha disposto l’instaurazione del contraddittorio con l’Istituto previdenziale, rinviando la decisione ad una successiva udienza.
Profili giuridici di rilievo
La decisione si colloca nel solco di una giurisprudenza attenta a garantire un effettivo spazio di manovra all’imprenditore in crisi che intraprenda la composizione negoziata, valorizzandone la funzione di strumento di prevenzione e di continuità aziendale.
Di particolare interesse sono gli spunti offerti dalla decisione sul piano applicativo.
Innanzitutto, l’importanza – fondamentale – del parere dell’esperto nominato in ordine alla “funzionalità” delle misure protettive e cautelari chieste dall’impresa a garantire il buon esito delle trattative con i creditori e la realizzazione del piano di risanamento.
La centralità del principio di proporzionalità nella compressione dei diritti dei creditori, bilanciato con la tutela dei livelli occupazionali e l’interesse alla continuità aziendale.
La conferma dell’ampiezza del potere cautelare del Giudice nella composizione negoziata, che può andare – come nel caso di specie, appunto – ben oltre la mera protezione automatica ex art.18 CCII.
L’estensione, per certi versi quasi necessaria e consequenziale, delle misure protettive e cautelari nei confronti di Mediocredito Centrale in quanto funzionali ad evitare che la sospensione dei pagamenti dei finanziamenti venga qualificata come inadempimento, facendo scattare l’escussione della garanzia e, quindi, vanificando la protezione accordata alla Società.
La concessione di alcune misure inaudita altera parte per l’urgenza di tutelare la continuità aziendale. Sul punto il Tribunale - giustamente - evidenzia come il mancato pagamento da parte della società di factoring degli anticipi sulle fatture cedute avrebbe impedito alla Società in crisi di pagare gli stipendi, nonché come l’esclusione dall’albo fornitori da parte di un importante committente avrebbe precluso la partecipazione a gare essenziali per la sopravvivenza dell’impresa.
In definitiva, si può certamente affermare che il provvedimento in questione incarna in pieno lo spirito del nuovo Codice della Crisi dell’Impresa e dell’Insolvenza, che vede nella tutela della continuità aziendale un valore da preservare quando l’impresa è risanabile, così da salvaguardare posti di lavoro e valore economico.







