Il deposito telematico in Cassazione
Il Decreto rilancio ha previsto la possibilità per gli avvocati di depositare telematicamente atti e i documenti, nei procedimenti civili davanti alla corte di Cassazione.
A tal fine, già il 27 ottobre 2020 era stato redatto un Protocollo d’Intesa tra la Corte di Cassazione, la Procura generale, l’Avvocatura di Stato e il CNF per l’avvio della sperimentazione del processo civile telematico presso la Suprema Corte.
Il 18 novembre 2020 il Protocollo era stato poi integrato con un nuovo articolo 5 bis, per regolare l’invio a mezzo PEC delle memorie difensive, che dovevano essere inviate alla cancelleria della Corte, alla Procura, e alle controparti. Era compito della cancelleria inserirle poi nel fascicolo d’ufficio. Il passo avanti è arrivato con Decreto del Ministero della Giustizia del 27 gennaio 2021, che ha dato atto dell’attivazione del servizio di deposito telematico e ha previsto le modalità di sottoscrizione, trasmissione e ricezione degli atti.
Dal 31 marzo 2021 dunque, è partito in maniera piena il processo telematico presso la Corte di Cassazione, senza che sia più necessaria la procedura di invio pec, utilizzata da novembre scorso. Per questo è stato nuovamente modificato il Protocollo d’Intesa.
Con provvedimento del 7 aprile 2021, è stato infatti integralmente sostituito l’articolo 5 bis (introdotto con l’integrazione del 18 novembre 2020) concernente il deposito delle memorie difensive e delle conclusioni scritte del pubblico ministero.
Adesso è possibile depositare telematicamente tutti gli atti processuali, comprese le memorie difensive, e le memorie e le richieste previste dall’articolo 23 comma 8 bis del Decreto legge n. 137 del 2020. Solo la Procura generale, in attesa dell’adozione delle misure tecniche necessarie, effettuerà per il momento il deposito in cancelleria a mezzo PEC, e la cancelleria provvederà ad inserire le conclusioni scritte del Procuratore nel fascicolo telematico, per renderle visibili ai difensori.
La disciplina processuale speciale vigente
Com’è noto, l’intera disciplina degli istituti processuali speciali che hanno trovato applicazione durante le prime due fasi dell’emergenza pandemica, a partire dal 9 marzo 2020, è stata racchiusa nell’art. 83 del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, recante Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, come poi modificato dal d.l. 30 aprile 2020, n. 28, convertito con modificazioni dalla legge 25 giugno 2020, n. 70.
È parimenti cosa nota che l’efficacia di tutte le disposizioni processuali contenute nell’art. 83 del d.l. n. 18 del 2020, è definitivamente cessata il giorno 30 giugno 20201.
A partire quindi dal primo luglio 2020, nonostante il Governo non avesse ancora disposto la cessazione dello stato di emergenza, nella trattazione dei procedimenti civili davanti agli uffici giudiziari italiani hanno ripreso efficacia le norme processuali ordinarie, come in precedenza derogate dalle disposizioni contenute nel citato art. 83 del d.l. n. 18 del 2020.
E tuttavia, con la pubblicazione in G.U. (avvenuta il 18 luglio 2020) dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, di conversione con modificazioni del d.l. 19 maggio 2020, n. 34, recante Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19, sono entrate in vigore - il 19 luglio 2020 - tutte le disposizioni contenute nell’art. 221 del detto decreto-legge, come introdotte appunto in sede di sua conversione, e, in particolare, quelle dettate dai nuovi commi da 3 a 10. Da questo momento può dirsi avviata per i processi civili quella che chiameremo, per convenzione, la cd. “terza fase”.
Con l’aggravarsi della pandemia, infine, il Governo ha deciso di intervenire nuovamente sui procedimenti civili e penali, dettando nuove disposizioni, tese a richiamare in vita taluni istituti già sperimentati nelle prime due fasi dell’emergenza epidemiologica.
Con l’art. 23 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137 recante Ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, è attualmente in corso un regime processuale che definiremo della cd. “quarta fase”.
Nella “quarta fase” ancora pienamente in corso, dunque, due sono le norme che dettano la disciplina speciale del processo civile, anche innanzi alla S.C.
La prima è l’art. 221 del d.l. n. 34 del 2020, nella formulazione entrata in vigore soltanto a decorrere dal 19 luglio 2020, l’altra è l’art. 23 del d.l. n. 137 del 2020, con le modifiche apportate in sede di conversione, contenente talune disposizioni efficaci fin dal 29 ottobre 2020 - data di pubblicazione del decreto-legge in G.U. - e altre a partire dal 25 dicembre 2020, giorno successivo alla pubblicazione in G.U. della legge di.
Il processo civile telematico in Cassazione
Com’è noto, con il recente provvedimento del direttore generale della D.G.S.I.A. del 27 gennaio 2021, recante Attivazione presso la Corte di cassazione, settore civile, del servizio di deposito telematico degli atti e dei documenti da parte dei difensori delle parti, ai sensi dell’art. 221, comma 5, del d.l. n. 34 del 2020, a decorrere dal 31 marzo 2021 è ora ammesso il deposito telematico facoltativo degli atti processuali e dei documenti di parte innanzi alla S.C.
Ciò significa che, a partire dalla predetta data, i difensori delle parti potranno depositare telematicamente, attraverso l’infrastruttura informatica ministeriale e nel rispetto della disciplina contenuta nel capo III del d.m. n. 44 del 2011, sia i ricorsi introduttivi che i controricorsi, come pure tutte le memorie finali ex artt. 378, 380-bis, 380-bis.1 e 380-ter c.p.c.; stesso discorso per i documenti che la parte è tenuta a produrre ai sensi dell’art. 369 c.p.c., ovvero - ai soli fini dell’ammissibilità del ricorso - ex art. 372 c.p.c. Si può quindi affermare che - dopo avere fatto il suo debutto, circa dieci anni fa, presso tutti i tribunali e le corti d’appello italiane -, anche innanzi al Giudice di legittimità diventa finalmente pienamente operativo il processo civile telematico (PCT), cioè quella architettura tecnologica informatica volta a consentire ai c.d. “operatori interni” (giudici e cancellieri) ed “esterni” (avvocati, consulenti tecnici, altri ausiliari del giudice, curatori, commissari giudiziali, etc.) di porre in essere esclusivamente in via telematica una serie di atti e operazioni nell’ambito del processo civile, quali il deposito di atti e provvedimenti, la trasmissione di comunicazioni e notifiche, la consultazione dello stato dei procedimenti e dell’intero contenuto dei fascicoli informatici, nonché il pagamento del contributo unificato e degli altri oneri fiscali.
Naturalmente, trattandosi di norma che introduce una mera facoltà per i difensori, nulla esclude che il ricorrente intenda produrre soltanto una parte degli atti o documenti in formato digitale, utilizzando il deposito nelle forme tradizionali, ad esempio, per i documenti prodotti ai sensi dell’art. 369 c.p.c.; né può ritenersi precluso alla parte intimata di depositare un controricorso cartaceo a fronte del ricorso depositato telematicamente e viceversa.
In definitiva, quello che andrà a regime dal 31 marzo 2021, sarà - per la sola Corte di cassazione - un regime cd. “promiscuo” riferito a tutti gli atti processuali, sia introduttivi che endoprocedimentali, con l’inevitabile conseguenza che accanto al fascicolo informatico costituito dagli atti depositati spontaneamente dalle parti in modalità telematica, sarà comunque necessario formare anche un fascicolo d’ufficio cartaceo ove inserire gli atti depositati in modalità analogica.
Quanto ai fascicoli d’ufficio dei gradi di merito, l’art. 369 c.p.c. dispone ancora oggi che l’acquisizione avvenga tramite trasmissione da parte della cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato. È chiaro allora che nel caso di fascicolo d’ufficio tenuto in modalità cartacea, sempre che non se ne ipotizzi una massiva attività di estrazione di copia informatica a cura della cancelleria, occorrerà continuare ad acquisire e custodire i plichi nella cancelleria della Corte nelle forme tradizionali; mentre quando il fascicolo sia già stato tenuto integralmente in modalità informatica, è ben possibile immaginare una sua trasmissione dalla cancelleria del giudice di merito a quella della S.C., per essere inserito nel relativo fascicolo informatico.
In mancanza, poi, di qualsivoglia norma transitoria non pare possano sorgere soverchi dubbi sull’applicabilità della nuova disciplina a tutti i depositi, anche relativi a ricorsi già iscritti a ruolo alla data del 31 marzo 2021; con il risultato che le parti potranno liberamente depositare telematicamente sia il controricorso che tutti gli atti successivi, comprese le memorie finali, ex artt. 378, 380-bis, 380-bis.1 e 380-ter c.p.c., ancorchè il ricorso introduttivo sia pervenuto alla cancelleria della Corte nelle forme tradizionali.
In definitiva, fino a quando non verrà sancita l’obbligatorietà del deposito telematico almeno degli atti endoprocedimentali - con il prescritto decreto del Ministro della Giustizia, ai sensi dell’art. 16-bis, comma 6, del d.l. n. 179 del 2012 -, ovvero si addivenga ad una modifica normativa che sancisca l’obbligatorietà dei depositi telematici in Cassazione fin dal ricorso introduttivo, dovrà ritenersi rientrare nella libera scelta dei difensori delle parti, quale mezzo (tra il deposito di persona, l’invio del plico a mezzo posta ai sensi dell’art. 134 disp. att. c.p.c., ovvero il deposito telematico) utilizzare per trasmettere gli atti processuali nell’ambito del giudizio di legittimità.
Allegati e Approfondimenti
Per maggiori informazioni si rinvia alla Relazione n. 20 del 10 marzo 2021 ed al Vademecum FIIF: