Luca
        Procopio

Inammisibile il ricorso in appello nel giudizio tributario di ottemperanza

Di Luca Procopio

SCLN


Inammisibile il ricorso in appello nel giudizio tributario di ottemperanza

Abstract

Nel tentativo di superare le criticità derivanti dall’interpretazione letterale del comma 10 dell’art.70 D.Lgs. n. 546/1992 la Sezione Tributaria della Suprema Corte ha sposato un’esegesi logico-sistematica, affermando che la sentenza pronunciata in sede di giudizio di ottemperanza, indipendentemente dall’esito e dall’organo giurisdizionale che la emette,debba essere impugnata unicamente mediante ricorso per cassazione

Come è noto, nel “giudizio tributario di ottemperanza”, la competenza funzionale ad esaminare il ricorso per ottemperanza proposto dal contribuente in relazione alla sentenza emessa sul rapporto tributario spetta alla Commissione Tributaria Provinciale, se la sentenza inottemperata e passata in giudicato è stata emessa da tale organo giurisdizionale (art. 70, comma 1, del D.Lgs. n. 546/1992) o se la sentenza non definitiva emessa dal medesimo organo non è stata ancora impugnata (art. 68, comma 2 e 69, comma 5, del D.Lgs. n. 546/1992) e, in ogni altro caso, alla Commissione Tributaria Regionale. Ciò detto, nella disciplina positiva del “giudizio tributario di ottemperanza”, contenuta nell’art. 70 del D.Lgs. 31.12.1192, n. 546, l’impugnazione delle statuizioni giudiziali viene espressamente regolata solo con riferimento alla sentenza che accoglie il ricorso per ottemperanza.

Nello specifico, il comma 10 del citato art. 70 stabilisce che «Contro la sentenza di cui al comma 7 è ammesso soltanto ricorso in cassazione per inosservanza delle norme sul procedimento», laddove, il comma 7 si riferisce, per l’appunto, alla sentenza con cui il Collegio giudicante o il giudice monocratico,sentite le parti in contraddittorio ed acquisita la necessaria documentazione, «adotta […] i provvedimenti indispensabili per l’ottemperanza in luogo dell’ufficio che li ha omessi e nelle forme amministrative per essi prescritti dalle legge, attenendosi agli obblighi risultanti espressamente dal dispositivo della sentenza [oggetto dell’ottemperanza – n.d.r.] e tenuto conto della relativa motivazione [o …] se lo ritiene opportuno, può delegare un proprio componente o nominare un commissario al quale fissa un termine congruo per i necessari provvedimenti attuativi […]».

Il tenore letterale del comma 10 dell’art. 70 del D.Lgs. n. 546 del 1992 limita al ricorso per cassazione i mezzi di impugnazione della sentenza del giudice tributario dell’ottemperanza solo nel caso in cui tale provvedimento giudiziale accolga il ricorso per ottemperanza, indipendentemente se emesso dalla Commissione Tributaria Provinciale o dalla Commissione Tributaria Regionale, con la conseguenza che non è revocabile in dubbio l’inammissibilità del ricorso in appello proposto contro una sentenza di accoglimento del ricorso per ottemperanza emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale (si veda sul punto, l'ordinanza 1.7.2020, n. 13373 emessa dalla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione).

Viceversa, il medesimo tenore letterale sembrerebbe non precludere la proposizione del ricorso in appello avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale che rigetta o dichiara inammissibile il ricorso per ottemperanza.

Tuttavia, un’interpretazione meramente testuale del comma 10 dell’art.70 del D.Lgs.n.546 del 1992 non risulta appagante da un punto di vista della coerenza interna e della tenuta costituzionale del sistema processuale del giudizio di ottemperanza, in quanto, da un lato, i mezzi di impugnazione della sentenza dell’ottemperanza emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale dipenderebbero, irragionevolmente, dall’esito della medesima e, dall’altro, il ricorso in appello, ovviamente, non sarebbe possibile laddove la sentenza, di infondatezza o di inammissibilità del ricorso per ottemperanza, sia emessa, in forza del criterio che regola la competenza funzionale, dalla Commissione Tributaria Regionale.

Tale disarmonia processuale è stata più volte ravvisata dalla Sezione Tributaria della Suprema Corte, che, superando il tenore letterale del comma 10 de quo, ne ha sposato un’esegesi logico-sistematica, affermando che la sentenza pronunciata in sede di giudizio di ottemperanza, indipendentemente dall’esito e dall’organo giurisdizionale che la emette, debba essere impugnata unicamente mediante ricorso per cassazione (cfr.: sentenza 3.5.2003, n. 7312; sentenza 14.10.2015, n. 20639; sentenza 9.8.2016, n. 16740; sentenza 6.12.2016, n. 24879 e ordinanza 2.7.2020, n. 13537).

Nello specifico, la citata giurisprudenza di legittimità, consapevole che la competenza funzionale delle Commissioni Tributarie è distribuita a seconda che la sentenza sul rapporto tributario provenga dal giudice di prime cure o di seconde cure, qualifica «le decisioni in tema di ottemperanza, quale che sia il giudice che l’abbia emesse, come pronunce in unico grado» (sent. n. 20639/2015 e sent. n. 24879/2016, ma in termini simili anche le altre pronunce) e ritiene che l’individuazione dei mezzi di impugnazione delle sentenze di rigetto o di inammissibilità del ricorso per ottemperanza emesse dalla Commissione Tributaria Provinciale sulla base del mero tessuto letterale del comma 10 del più volte citato art.70 « creerebbe un sistema del tutto disarmonico » (sent. n. 20639/2015, sent. n. 24879/2016 e ordinanza n. 13537/2020, ma in termini simili anche le altre pronunce), giungendo, così, a statuire che «L’esegesi dell’art. 70 in esame nel senso dell’ammissibilità, in ogni caso, del solo rimedio del ricorso per cassazione ha il pregio, invece, di attribuire coerenza sistematica all’istituto, al di là della non felice formulazione letterale della norma» (sent. n. 20639/2015, ma in termini simili anche le altre pronunce) e che «contro le sentenze pronunciate in sede di ottemperanza dalle commissioni tributarie provinciali ( così come per quelle regionali ) è ammesso quale mezzo d’impugnazione […] soltanto il ricorso per cassazione, anche quando tali decisioni non siano di accoglimento ma di rigetto o d’inammissibilità» (sent. n. 16470/2016 e ordinanza n. 13537/2020, ma in termini simili anche le altre pronunce).

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